Il Progetto ha riguardato il restauro conservativo della Chiesa di San Nicola e delle indagini archeologiche preliminari da svolgere sull’intero borgo e il suo recupero funzionale ai fini di una “produttività” culturale con una destinazione turistica.
L’impostazione del progetto indirizzato oltre che alla specifica conservazione di un bene architettonico anche alla sua valorizzazione nell’ambito del suo contesto storico e paesaggistico di riferimento, fa si che tutta la fase di indagini conoscitive preliminari diventi concreto presupposto metodologico del progetto di restauro.
La Chiesa di San Nicola è parte dell’antico borgo di “Marzanello Vecchio”, probabilmente risalente al X secolo e noto nella letteratura storica come “Castrum Marzanelli”.
Tale contesto è quindi ascrivibile al più generale fenomeno delle fortificazioni degli antichi centri agricoli romani, appunto “castra”, ed alla fondazione dei borghi rurali elevati su alture (più sicuri e meglio difendibili), che ha interessato anche il territorio campano.
La conoscenza della storia delle trasformazioni del borgo di Marzanello Vecchio e più nello specifico della Chiesa di San Nicola, per la è stato previsto un intervento di restauro conservativo, era in uno stadio embrionale per la scarsità delle fonti documentarie certe e per l’impossibilità della formulazione di un abaco di attribuzione dell’epoca dei diversi apparecchi murari sulla base di analogie con altri esemplari già datati con certezza.
L’impiego quasi esclusivo per il paramento esterno in pietra locale calcarea incerta, usata quasi esclusivamente al naturale, rendeva difficile la possibilità di rintracciare differenze di lavorazione del materiale nelle diverse epoche di costruzione o di rifacimento.
Una distinzione certa fra zone di paramento lapideo appartenente ad epoche diverse è stata fatta solo a seguito di una campagna mirata di analisi di laboratorio su campioni di malta legante, finalizzata a individuarne le caratteristiche mineralogico-petrografìche.
Tali analisi su detti campioni, prelevati in base alla mappatura delle zone omogenee del paramento lapideo, sono state incluse all’interno del progetto, sia per la Chiesa di San Nicola che per il resto del borgo per il quale sono state previste altre attività di approfondimento archeologico quali, tra le altre, rilievi metrici e scavi stratigrafici.
Tutto ciò detto, rispetto alla Chiesa di San Nicola, si è proceduto secondo un percorso chiaro e delineato, i cui punti salienti sono:
La progettazione delle aggiunte tecnico-impiantistiche necessarie alla rifunzionalizzazione del bene che ne consentano l’uso secondo modalità di interesse pubblico ed al contempo la costante manutenzione di cui abbisogna l’organismo architettonico in argomento, è stata effettuata dopo le indagini preliminari archeologiche da effettuare sull’intero borgo, quando cioè sono state meglio delineate le potenzialità di sfruttamento, anche turistico-culturale, dell’intero borgo.
A tal fine, è stata anche effettuata una indagine georadar e scavo archeologico e stratigrafico, e sarà introdotto un pavimento naturale, in cotto e pietra di piperno o di bellona, con sottostanti canali per la predisposizione, in particolare, dell’impianto elettrico e termico.
ANALISI DEI RESTI VISIBILI IN SUPERFICIE
La collina ove sorgeva la Chiesa di San Nicola è oggi raggiungibile da un sentiero che si diparte dalla strada provinciale che collega con il centro di Vairano Patenora.
Dal pianoro ove è ubicata la chiesa è visibile tutta la pianura del medio Volturno e i sistemi insediativi che su essi si affacciano.
Della chiesa, oggi in uno stato di rudere per un diffuso degrado materico e strutturale, sono visibili le murature perimetrali della navata e dell’abside, parte di quelle del campanile e parte di quelle del nartece.
Ai crolli parziali delle murature del nartece e del campanile che ne impedisce la completa percezione visiva, si deve aggiungere la presenza di:
L’edificio sacro, orientato a Nord-Est/ Sud-Ovest, possiede una unica navata.
La pianta, pressoché rettangolare (17,00 x 9,00 ml circa) e con svasamenti angolari, termina in un’abside semicircolare (5,60 ml circa di diametro).
L’ingresso originario, in direzione longitudinale, avveniva da un nartece interno con livello superiore impostato su volta, probabilmente a botte (3,70 x 6,00 ml circa).
L’ingresso laterale aperto sulla parete Nord-Ovest è imputabile ad interventi successivi.
Le motivazioni della sua apertura, vista la forma, la dimensione e la qualità, sono probabilmente di ordine esclusivamente pratico.
I predetti svasamenti angolari della sala diventano chiari temi architettonici là dove, investendo anche la definizione dello spazio esterno, diventa non solo motivo di raccordo con il catino absidale, ma anche elemento di accentuazione della profondità prospettica.
Per la realizzazione della chiesa è stato impiegato pietra di calcare, alla vista compatto, facilmente recuperabile sul posto, allettato su abbondante malta di calce e pozzolana, posto a colmare i giunti fino in superficie, e rifinito con intonaco di pozzolana, ancora visibile sulle pareti del catino absidale, della navata e del nartece.
Dell’aula di culto si conservano tutte le murature perimetrali, l’arco absidale e quello contrapposto, di pari misura, che si apre sulla parete d’ingresso e su cui si affacciava il livello superiore del nartece.
Le stesse murature, anche se in avanzato stato di degrado, da una indagine a vista non presentano condizioni di strapiombi o stati di dissesti strutturali dovuti a cedimenti fondali.
Solo sulla parete di attacco con l’abside si rilevano lesioni in chiave all’arco e, simmetricamente, sulla sovrastante muratura in corrispondenza delle reni dello stesso, in particolare, dovute allo sgretolamento dei giunti e alla presenza di vuoti per la perdita di apparecchi calcarei.
Il loro stato di conservazione consente di stabilire ancora sia il piano di attacco in gronda del tetto che la relativa pendenza.
Infatti, sulla parete di testata che attacca con l’abside sono ancora visibili sia le pendenze del timpano che la loro congiunzione con la linea di gronda sulle pareti longitudinali.
Il criterio progettuale della originaria simmetria planimetrica ripetuta in alzato, interna ed esterna, è ben leggibile soprattutto sulla parete longitudinale Sud-Est.
Ivi, ai tre archi che si sarebbero dovuti aprire nelle pareti al piano terra della sala e che dettano il ritmo del camminamento longitudinale interno, si sovrappongono, in asse e nella parte alta, altrettanti finestroni ancora aperti.
Tale ordinamento compositivo, in origine presente anche sulla parete opposta, viene chiaramente rinnegato con i successivi interventi legati alla costruzione del Campanile che ha indotto ad un ispessimento interno della stessa relativa porzione di parete, dall’apertura del vano d’ingresso alla sala e dalla ostruzione dei vani dei finestroni alti.
Altro motivo di simmetria negata si rileva nei tratti contrapposti di parete perimetrale che segnano l’area presbiteriale, ove originariamente venivano contrapposte in alto due finestre.
Infatti, la parete Nord-Ovest subiva l’ostruzione della originaria finestra, mentre quella Sud-Est subiva l’apertura di una seconda finestra posta in basso, ma in asse con la precedente.
Sempre al criterio della simmetria rispondono due ruderi di altari che furono posti fra le contrapposte campate centrali con sovrastanti cornici a rilievo d’intonaco.
Di tali altari, realizzati nel corpo con lo stesso tipo di muratura, risulta leggibile solo quello sulla parete Nord-Ovest.
Sempre a riguardo della sala, allo stato attuale non si rileva alcuna pavimentazione, ma solo un massetto in calcestruzzo posato su uno strato di stabilizzato, risultato da saggi preliminari effettuati per circa 20 cm di profondità.
Del catino absidale si conserva tutta la muratura perimetrale e la semi calotta sferica di copertura realizzata con riempimento lapideo annegato in abbondante malta.
Il suo piano di calpestio, coincidente con quello presbiteriale e di pochi centimetri rialzato rispetto a quello del pavimento della sala, risulta notevolmente abbassato rispetto al suo piano di spiccato, tant’è che è chiaramente visibile la risega che segna il passaggio dalla fondazione al muro di elevazione.
Ciò è ulteriore motivo per sostenere una ipotesi di diacronia nella realizzazione della chiesa, derivante dalla necessità di raccordare i livelli in assenza di una previsione di rialzamento del presbiterio o in presenza di altra struttura in luogo dell’attuale sala per la quale non era conveniente un rialzamento di piano.
Del nartece si conservano solo porzioni delle murature in elevazione con spessori che variano da circa 0,60 ml sui lati esterni Sud-Est e Sud-Ovest, a circa 0,70 ml sui lati esterni ed interni Nord-Ovest, e a circa 0,80 ml sul lato interno Sud-Est.
I maggiori resti di tali murature si rilevano maggiormente sui lati Nord-Ovest e Sud-Ovest.
Da una prima lettura della disposizione della scatola muraria e dei distacchi per crollo di sue parti si è delineata la presenza di un ambiente centrale con copertura a botte, costituente l’accesso alla sala, nonché la presenza di due piccoli ambienti laterali con probabile funzione di consentire l’accesso al piano superiore, dotato di affaccio sulla sala.
Tale ultima ipotesi è molto plausibile soprattutto per l’ambiente laterale posto a Nord-Ovest in quanto si sono rilevati due vani murari in posizione opposta, uno al piano terra e l’altro al piano primo.
Il campanile, seriamente danneggiato, si innesta su una porzione della muratura della parete Nord-Ovest della navata ed in casuale corrispondenza con il relativo arco in essa contenuto si conservano porzioni delle murature Nord-Ovest e Nord-Est.
Esso possiede sicuro accesso diretto dalla sala attraverso il varco che si apre direttamente nella parete comune.
Lo spessore del muro comune alla sala misura 0,80 ml, mentre i restanti misurano 1,00 ml circa.
Dato il materiale di crollo riversato all’interno e sulle pareti Nord-Ovest e Sud-Ovest del campanile, non è allo stato ancora possibile formulare alcuna ipotesi sulla esistenza di un accesso diretto dall’esterno, anche se alcune tracce appena visibili farebbero supporre un vano arcuato.
L’interno del campanile era diviso probabilmente in quattro piani con solai in legno di cui si sono rilevate tracce sulla risega della parete Nord-Ovest del piano secondo.
Sempre a riguardo di tali solai, sia sulla muratura Nord-Est che su quella Nord-Ovest, comune alla navata, sono ancora leggibili gli scassi murari che hanno ospitato le travi e che ci consentono di ipotizzare per il piano terra un’altezza di circa 3,50 ml al tavolato e per i piani primo e secondo un’altezza di circa 2,40 ml ciascuno.
In corrispondenza del quarto piano, la cui altezza è possibile individuarla in analogia con il sottostante piano, è da presumere la presenza di aperture per la diffusine sui quattro lati del suono della campana ivi ubicata.
Generalmente, il paramento murario, meglio individuato nel successivo capitolo, è composto da scapoli irregolari di piccolissime, piccole e medie dimensioni posti in opera su abbondante malta di pozzolana, a granulometria grossa rabboccata in superficie con o senza zeppe livellanti in pietra o schegge di cotto.
Solo sporadicamente ed in particolare sul nartece, si rileva l’uso di schegge di tufo nero o, addirittura, di alcuni blocchi squadrati a formare l’accoppiata delle lesene d’angolo sulla facciata d’ingresso a Sud-Ovest.
Là dove sono avvenuti i crolli è possibile osservare il nucleo delle stesse murature che risulta composto da scaglie e bozze di pietrame di piccole dimensioni annegate in abbondante malta anche insieme a scapoli del paramento murario che si innestano a maggior profondità.
Le pareti della navata, seppur con crolli parziali in breccia sul lato Sud-Est e con forte degrado nella parte terminale alta, ove i giunti si presentano quasi svuotati della malta, presentano un’altezza di gronda pari a circa ml 8,40 ed uno spessore variabile tra i circa 0,40 ml nei tratti in corrispondenza degli archi e di circa 0,70 ml in corrispondenza delle lesene .
La superficie interna delle pareti di navata mostrano la formazione di un ordine architettonico inferiore composto da lesene lisce accoppiate che alternandosi ai vani murari creati tra gli archi, sono sormontate da un architrave con cornicione sporgente che corre lungo tutto il perimetro della navata e del catino absidale.
Ai fini del progetto di restauro è utile notare, come già accennato, che lo stesso motivo della lesena binata è rilevabile anche sul lato sinistro della facciata d’ingresso del nartece, per cui, in mancanza della restante parte di facciata, ciò rende possibile ipotizzare che lo stesso ordine architettonico interno sia stato ripreso anche sulla facciata d’ingresso.
Per la definizione dei cantonali delle lesene interne e della loro parte basamentale sono stati usati blocchi di pietra sbozzata, mentre per il cornicione sono state usate lastre di tufo sagomato.
Blocchi di pietra sbozzata sono stati usati anche per la definizione dei cantonali degli archi parietali, là dove gli stessi occupano tutto lo spessore del muro, circa 0,70 ml.
La finitura del paramento murario mostra sia all’esterno che all’interno la presenza di intonaco a base di calce e pozzolana.
Lo stato di conservazione delle superficie parietali, sia che riguardino il paramento murario che l’intonaco, è pessimo.
I degradi che su di esse si sono rilevati sono riassumibili in:
CONSIDERAZIONI DI SINTESI
Purtroppo lo stato in cui la chiesa si conservava riduceva i margini per formulare precise ipotesi sulla datazione del complesso.
La pianta ad una sola navata con ingresso dal nartece e terminante con un’abside semicircolare, anche se con diverse declinazioni, trova raffronto con altre tipiche chiese sorte nel medioevo nell’Italia centro meridionale ove era forte l’influenza dell’ordine benedettino di Cassino.
La presenza di alcuni elementi architettonici e costruttivi, come gli archi di sfondamento parietale e gli apparecchi di addentellamento murario, l’impianto con torre campanaria arretrato rispetto alla facciata e casualmente addossato sul relativo arco compreso nella parete Nord-Est, nonché le considerazioni possibili dalla lettura del profilo storico tracciato nella presente relazione, permettono di ipotizzare una cronologia d’impianto a cavallo tra il XV ed il XVI secolo.
La costruzione del campanile, arretrato rispetto alla facciata, e del nartece potrebbe essere avvenuta successivamente all’edificazione della chiesa e comunque in due tempi successivi, anche se mostrano la stessa tipologia costruttiva.
L’impianto dell’edificio religioso di Marzanello Vecchio, sebbene ridotto allo stato di rudere, sicuramente rappresenta un esempio significativo che si è conservato anche in ragione della minore importanza del borgo in epoca medievale.
La tipologia del nartece, mutuato dalle basiliche paleocristiane, e della grande torre campanaria, tipica delle abbazie e delle chiese benedettine, anche se con declinazioni diverse, trova facili riscontri nelle regioni centro-meridionali italiane.
Infatti, tale soluzione architettonica è adottata sia nella stessa abbazia di Montecassino che, ad esempio, in quella di San Vincenzo al Volturno, ove la torre campanaria con nartece è collegata al centro della facciata.
DIAGNOSI E TECNICHE DI INTERVENTO
La situazione statica del rudere della chiesa segnala, al momento del progetto, quale nodo fondamentale di vulnerabilità alle azioni sismiche, il coronamento terminale che, come già accennato, a partire dalla fascia marcapiano interna, mostra un apparecchio murario con giunti quasi privi di malta di allettamento.
Per l’assicurazione antisismica delle murature a rudere dell’ultimo ordine, particolarmente esposto alle sollecitazioni di inflessione in fase sismica, invece di ricorrere al consolidamento delle singole parti rendendole con artifici di nuova tecnologia resistenti all’inevitabile deformazione, si è preferito ripristinarne il funzionamento strutturale originario tramite la ricomposizione della scatola muraria con opportuni accorgimenti quali anche le cuciture armate.
A seguito di un calcolo sismico si è verificata, inoltre, anche la necessità di un ampliamento del sistema fondale con la possibilità di ricorrere alla tecnica del placcaggio con cordoli in cls armato.
Sempre per contrastare l’inflessione delle murature indotta dall’azione sismica, saranno introdotte, ove necessario, catene di cerchiaggio realizzate con perforazione a rotazione a livello dei solai, ripristinati secondo la tecnologia originaria con tavolato e travi squadrate di abete.
La scelta di orientare il restauro verso tale soluzione, optando per la ricomposizione volumetrica del rudere, è stata dettata, oltre che dalle esigenze di prevenzione antisismica, dalla valutazione della opportunità di favorire una minima utilizzazione, sia pure occasionale, del bene paesaggistico, rendendone accessibile anche la sommità del campanile quale punto di vista privilegiato del suggestivo paesaggio collinare circostante, in modo da porre le premesse necessarie per allontanare il rischio di un nuovo abbandono.
Il tutto in previsione anche di un recupero dell’intero borgo per il quale sono state effettuate indagini archeologiche preliminari finalizzate alla verifica del suo potenziale funzionale ai fini di una possibile destinazione turistica.
Il progetto di restauro è stato condotto secondo i più recenti criteri di intervento sui resti archeologici che non escludono il ricorso al completamento delle murature quando ciò sia richiesto da esigenze di carattere conservativo o dalla necessità di rendere comprensibile a fini didattici la preesistenza, né tanto meno alla possibilità di aggiunte tecniche quali pavimenti, impianti ed infissi ai fini di rendere il bene compatibile con le nuove destinazioni d’uso nel rispetto dei caratteri tipologici, costruttivi e figurali del bene stesso.
In tal senso lo stesso progetto, rinviando ad una seconda fase gran parte della installazione degli impianti tecnici necessari allo svolgimento di una specifica funzione compatibile e prevedendo la ricostruzione della copertura e delle parti crollate dell’ultimo ordine della chiesa, mira alla precisa ricomposizione del volume e della sagoma originaria, in quanto, pur in mancanza della documentazione del caso, è ancora possibile leggere in loco sia la linea di attacco alla gronda che le pendenze del timpano di chiusura sul lato dell’abside.
Per la ricostruzione della copertura e dei muri crollati del campanile e del nartece, viceversa, non essendoci prove documentali e precisi indizi di riferimento in loco, il progetto di ricostruzione non ha mirato alla precisa ricomposizione del volume e della sagoma originaria, ma piuttosto all’opportunità di evidenziare e datare l’opera di reintegrazione e recupero all’uso pubblico.
Per eseguire la ripresa delle murature è stata scelta una pietra calcarea affine all’originale che, garantendo uguale resa cromatica, è stata posta in leggero arretramento rispetto al filo della vecchia muratura, al fine di evidenziare le parti di reintegrazione.
La chiara leggibilità, anche da lontano, della originaria linea di crollo, è stata assicurata, eventualmente, anche attraverso un tondino di acciaio che ne sottolineerà l’andamento.
Le bucature delle pareti, ove necessario, sono state completate secondo la sagoma ricavabile dalle residue tracce di stipiti o archivolti in pietra calcarea, impiegando conci di analoga pietra ma con trattamento superficiale diverso da quelli storici.
L’accesso ai piani del campanile è stato assicurato con scale metalliche a pioli.
Il ripristino della originaria resistenza dell’elevato in scapoli di pietra calcarea, oltre che con la rimozione di tutti i conci instabili, ove necessario, e la sua reintegrazione con nuovo apparecchio murario è stata attuata con interventi di cuci e scuci, nonché con iniezioni a bassa pressione di malta compatibile con quella preesistente.
La semicupola del catino absidale, del tipo a lamia, e perciò realizzata in pietrame spaccato di piccola pezzatura annegato in abbondante malta di pozzolana, è stata recuperata con un intervento di consolidamento dall’alto dopo l’eliminazione della vegetazione ivi presente e una più approfonditi campagna di saggi.
Per essa è stato attuato un intervento di svuotamento e successiva applicazione di fibre in carbonio e successivo riempimento alleggerito con sovrapposizione di soletta armata impermeabilizzata.
Per la ricostruzione della volta a botte del nartece e, quindi, del sovrastante piano, in origine riservato ai catecumeni (non battezzati), seguendo le tracce da questa lasciate sull’originario punto di imposta, si è scelta la strada della ricomposizione del volume e della forma originaria utilizzando anche qui la tecnica della reintegrazione muraria con analogo apparecchio murario rispetto a quelli già presenti.
Per quanto riguarda le finiture, esse riguardano, in particolare, l’intonaco interno che per il suo stato di conservazione e il nullo o scarso valore artistico sarà completamente reintegrato, salvaguardandone quelle parti che risulteranno migliori dopo i necessari rilievi di approfondimento in corso d’opera.
Gli interventi di consolidamento proposti saranno, comunque, progettati con l’intenzione di minimizzare al massimo l’impatto nei riguardi delle strutture esistenti.
In generale, i lavori da effettuarsi sulla chiesa possono essere così ricapitolati:
Le aggiunte tecniche risponderanno al criterio di rispetto della materia storicizzata e di chiara denuncia degli elementi nuovi. Esse, inoltre, saranno prefigurate secondo criteri di compatibilità figurale con le strutture preesistenti e di coerenza con i valori culturali individuati.
In tal senso, quindi, l’aggiunta di pavimenti interni in cotto con fasce in pietra di piperno o di bellona, di moderna manifattura, non completa solo l’assenza di pavimentazione, permettendo la fruizione dello spazio, ma consente pure la lettura delle relazioni architettoniche.
Allo stesso modo, i nuovi infissi, limitati a quelli strettamente indispensabili per la rifunzionalizzazione, saranno assicurati a telai fissi autoportanti.
Per quanto riguarda l’impiantistica, dunque, recependo quanto disposto dall’autorizzazione della competente Soprintendenza, prot. 5198 del 06/03/2009, sarà ampliata la predisposizione già prevista nel progetto definitivo.
Gli impianti elettrico-fonico e termico saranno di minima invasività, essendo del tutto esclusa l’esecuzione di tracce o scassi murari significativi: infatti, mentre al piano terra e a quelli del nartece e del campanile le reti orizzontali correranno in canali interrati al di sotto dei pavimenti, al secondo livello correranno a vista o incassate nelle strutture di integrazione.
Le principali dorsali elettriche, comprensive della messa a terra, sono state previste all’esterno della chiesa e più precisamente lungo il suo perimetro, mentre altri cavi sono stati previsti lungo la trabeazione marcapiano interna della navata.
Oltre a possibili neon o proiettori orientabili, previsti per l’illuminazione generale della navata, quasi esclusivamente lungo la trabeazione marcapiano della navata, altri corpi illuminanti potranno essere del tipo a piantana.
Questi ultimi, fissati al solo pavimento e con propri interruttori, potranno essere alimentati dal sistema di prese perimetrali agli ambienti.
Per ridurre l’invasività ed allo stesso tempo per ottimizzare i tempi di resa, si è prevista la predisposizione per l’installazione di un impianto termico ad aria con convettori a pavimento disposti perimetralmente agli ambienti.
Infine, per rendere fruibili le restanti parti del borgo oggetto degli interventi in trattazione, oltre al miglioramento della viabilità già presente, saranno installati punti luce a basso impatto ed elementi di arredo e di protezione contro le cadute. La precisa ubicazione è rimandata direttamente alla fase esecutiva, secondo quelle che saranno le indicazioni delle Soprintendenze per i Beni Architettonici e per i Beni Archeologici.
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